Il 26 giugno 2018, Laura Pausini realizzò il suo sogno di cantare a Cuba, alla Ciudad Deportiva dell'Avana, ospite speciale dei Gente de Zona (GDZ).
Appena salita sul palco, l’artista italiana dichiarava «Quando ho iniziato la mia carriera, le prime lettere dei fan latini provenivano proprio da Cuba e da quel momento il mio desiderio di raggiungerli e cantare per loro è diventato qualcosa che sapevo di dover realizzare». Quella sera, la star regalò ai cubani una performance memorabile e a concerto finito, confermò con una frase l'emozione via social: «Non dimenticherò mai questa giornata pazza e bellissima, 24 ore senza dormire, ma con il cuore pieno d'amore. La musica unisce, la amo».
Questo concerto è stato una delle ultime esibizioni cubane dei GDZ. Quasi subito dopo, il gruppo musicale cubano fondato nel 2000 all'Avana, che combina i ritmi del reggaeton con forme più tradizionali di musica cubana e che nel 2020 partecipa in qualità di ospiti alla serata finale del Festival di Sanremo, sostenne delle dichiarazioni durissime contro il regime. Sebbene per anni abbiano preferito tenere per sé le loro opinioni sul governo cubano, i componenti del famoso duo, Alexander Delgado e Randy Malcom, assicurarono che era arrivato il momento di "lasciare la loro paura e parlare" facendolo anche attraverso il linguaggio che gli riesce meglio: la musica. Nel 2021 si sono uniti ai loro colleghi Yotuel, Descemer Bueno e ai rapper Maykel Osorbo –oggi in carcere a Cuba- ed El Funky lanciando il brano "Patria y vida", che presto diventa l’inno di denuncia dei cubani dentro l’isola e nel mondo contro i soprusi del governo militare cubano.
Sabato scorso davanti al ristorante Versailles, nella Little Havana di Miami, Laura Pausini torna ad essere notizia per i cubani, quando un gruppo di esiliati dell'organizzazione Vigilia Mambisa calpestò i suoi dischi per considerarla sostenitrice del comunismo che affossa Cuba e amica di Miguel Díaz-Canel, il presidente non eletto della dittatura. Il motivo? Laura Pausini postò sui social durante il suo soggiorno all’Avana, una foto con i poliziotti che reprimono al popolo. Quella fotografia è offensiva per noi poiché rappresenta pressoché il consenso implicito alla crudeltà del regime, l’adesione implicita alla causa dei tiranni che si arricchiscono a spese della povertà e la sofferenza delle persone.
Probabilmente Laura Pausini nel 2018 non era al corrente fino in fondo del dolore e della repressione in cui vive il popolo di Cuba da decadi, ma è inammissibile che dopo le proteste del 11 luglio nell’isola, lei non abbia presso le distanze della violenza del regime contro i manifestanti pacifici, non abbia speso una frase per i prigionieri politici fra cui ci sono tante donne e minorenni, per le sentenze fino a 30 anni di carcere per aver esternato il dissenso. Non si spiega il fatto che non abbia condannato i diritti violati sistematicamente, l’esodo drammatico giornaliero di migliaia di persone che scappano in barconi di fortuna o attraversando le frontiere della Bielorussia, la Polonia, il confine dell'Ucraina, il Nicaragua, Guatemala e tanti altri paesi o non abbia disapprovato la schiavitù e la tratta di esseri umani che costituiscono il volto nascosto delle missioni mediche di Cuba verso l’estero.
Sarà ingenuità o connivenza? Questo non lo sappiamo, ma quello che è sicuro è che non abita sulle nuvole. Lo stesso entusiasmo con cui enunciò a suo tempo il desiderio di cantare a Cuba, potrebbe incoraggiarla a esprimere solidarietà con il popolo cubano che l’ammira e la segue da sempre.
La cultura per noi è qualcosa di sacro, un tesoro che distingue e nobilita l’anima e che bisogna conservare a tutti i costi, proprio perché a Cuba è controllata e pilotata a favore degli interessi del Partito Comunista, l’unico permesso. Ci dissociamo dunque degli atti tesi a distruggere l’arte.
Il nostro Movimento Las Guerreras si sa, è costituito da solo donne cubane residenti in Italia e una delle nostre missioni fondamentali è lavorare per mostrare la natura brutale della dittatura che da troppi anni, campa grazie alla falsità di un mito venduto come paradiso. Abbiamo sposato una causa difficile in un paese dove tante persone preferiscono conservare l’egoismo delle loro idee piuttosto che aprire gli occhi per costatare l’afflizione dei nostri connazionali. Noi paghiamo il prezzo durissimo di non poter vedere più i nostri cari per questo, e siamo consapevoli dei rischi personali che comporta.
Certe di che non manchi di sensibilità, ti facciamo un appello Laura: aiutaci a transitare verso la democrazia, a restituire dignità alla nostra gente, a ristabilire l’allegria e la libertà ad un popolo che in 63 anni conosce soltanto la miseria, la scarsità, le proibizioni, la vigilanza ferrea, la mano dura. Una parola tua può fare la differenza.
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